L’artista-professore che si divide fra Milano e la Val di Fiemme (Panchià) ha installato davanti al Monte Cornon un’opera dedicata alla “Strega del Cornon”. Le streghe gettavano in strada una corda pieni di nodi impossibili da slegare. Chi la raccoglieva… doveva correre da loro per farsi togliere il “maleficio”.
L’installazione dell’artista, designer e architetto, che lavora fra Milano e la Polonia, è sorta nel 2016 con legno e canapa. Raffigura due corpi, schiena contro schiena, protesi alla ricezione dell’energia universale fra le Dolomiti. L’opera invita a sedersi per ammirare le Pale di San Martino o la Pala Santa.
Nel 2014, l’artista nativo del Canada ha portato in Italia la cultura del popolo indigeno Nuu-chah-nulth (significa “Lungo le montagne”), ancora capace di provvedere alla sua sopravvivenza utilizzando solo risorse naturali. L’opera in legno di cedro del Canada invita a gestire le risorse naturali con equilibrio, poiché tutto è connesso.
La struttura conica evoca il forno utilizzato per cuocere le sculture di ceramica. Al suo interno, però, non c’è un’opera creata dall’uomo, ma una grande pietra levigata dal tempo, plasmata dalla natura. L’artista polacco e i suoi studenti dell’Accademia d’Arte di Varsavia l’hanno creata nel 2019, con gli abeti rossi sradicati dal vento nel territorio della Magnifica Comunità di Fiemme.
Nel 2016, l’artista trentino (Lavarone, 1954-2018) ha voluto ricordare che il Latemar è emerso dal mare 20-25 milioni d’anni fa. Su una lastra di pietra, dove erano già presenti resti fossili di conchiglie (ammoniti), ha inciso altri molluschi. Le incisioni e i fossili sono evidenziati con il bolo, la terra del vicino Monte Cornon usata un tempo dai pastori.
L’artista svedese ha adagiato ricami di licheni su quattro pini cimbri. “Ci ho messo molti mesi per ricamare e cucire a uncinetto questi licheni – ha raccontato -. È un lavoro lento, in totale simbiosi con i tempi dilatati della natura e con i suoi colori. È tempo speso bene, perché rivela il rapporto di dipendenza fra l’albero e il lichene. Anche noi non possiamo vivere gli uni senza gli altri e non possiamo vivere nemmeno senza gli alberi”.
Gli artisti trentini del Gruppo Terrae, nel 2019, hanno ricreato gli effetti della tempesta Vaia del 29 ottobre 2018, assemblando i legni spezzati dal vento nelle vicinanze del parco. L’installazione invita a osservare la forza distruttiva della natura accanto alla potente spinta di rinascita rappresentata dalle giovani piante alle spalle dell’opera.
È la prima installazione in Italia della land artist di Cleveland (Ohio). Con rami di betulle, cirmoli e noccioli nel 2015 ha creato un mosaico dove ogni legno rappresenta una cellula umana. Lo spazio vuoto, la mente, si focalizza sulla natura del Latemar. La struttura è statica, mentre la natura è movimento. “L’uomo, spesso, si pone come osservatore statico della bellezza che lo circonda – ha spiegato l’artista -, senza rendersi conto che lui stesso è natura, natura in movimento”.
L’artista giapponese fra i più celebri al mondo (1940-2018) nel 2013 ha abbracciato con entusiasmo il sogno artistico di RespirArt. Qui ha realizzato, con pietre di porfido trentino, un’installazione dedicata a Danae, una figura della mitologia greca. Il labirinto di pietra racchiude al suo interno un magnifico masso circondato da fiori.
Nagasawa credeva al fato, al punto che, durante il suo lungo viaggio in bici dal Giappone all’Europa, decise di fermarsi a vivere a Milano, perché qui gli fu rubato il mezzo a due ruote che avrebbe dovuto portarlo più lontano.
I due land artist, fondatori dell’Humus Park di Pordenone, hanno progettato per la Manifestazione internazionale d’arte ambientale RespirArt 2020 un’istallazione di ferro, rami e zolle di muschio. L’opera rivela la punteggiatura della natura. La sua trama è molto chiara e sequenziale. La natura usa molte virgole, per farci prestare attenzione a quanto facciamo, per rallentarci, per invitarci a riflettere, per farci riprendere fiato. Quando scrive un punto, la natura ci ferma e lo fa come un genitore arrabbiato che non riesce a domare il figlio ribelle: piccolo essere umano presuntuoso, ora basta. Fermati e riparti.
Quest’artista di fama internazionale, che vive e lavora in Romagna, ha progettato per la Manifestazione internazionale d’arte ambientale RespirArt 2020 un’installazione con legni di scarto e feltro lavorato a mano. La piccola costruzione, povera in apparenza e priva di tetto, al suo interno avvolge i visitatori in un fertile abbraccio, grazie alla presenza di figure gravide che affiorano dalle pareti di feltro. L’opera invita a indossare il lusso della semplicità.
Patrizia Giambi ha creato progetti artistici ed editoriali con Maurizio Cattelan, mostre internazionali, performance e progetti di valorizzazione delle aree dismesse. L’artista ha vissuto e lavorato a Los Angeles per poi tornare della sua terra natia.
La sua crisalide avvolge pietre del parco come a rivelarne uno stato embrionale, una vita segreta, una forma di vita solo abbozzata. Poeticamente, l’artista immagina infiniti mondi e forme di vita ancora possibili. I suoi bozzoli di energia simbolica, i suoi nodi di ferro e i suoi disegni invitano a stabilire un rapporto diretto con la materia.
21 anni dopo il progetto “Tensione 1”, realizzato nel 1999 in Canada quando il mondo stava entrando nel nuovo millennio con grande incertezza, “Tensione 2” in un nuovo periodo di incognita futura, alle prese con la pandemia, rappresenta un momento per fermarsi a pensare e sperare in una nuova boccata d’aria fresca senza paura di essere contagiati. Respirare l’arte. Un nuovo progetto con una nuova forma e nuove relazioni spaziali e temporali. Tempo diverso, luogo diverso… persone, spazi e luce diversi.
Un’opera composta da tre parti simboliche: la nuvola, la pioggia e la barca. Il riferimento è quello biblico del diluvio e della salvezza attraverso l’arca di Noè. Dalla nuvola oscura scende la pioggia in forma di solidi pali acuminati, ma la barca la raccoglie e la contiene nel suo ventre, generando salvezza per l’uomo e la Natura.